Banca Etica, la storia di pulci volanti
13 Novembre 2020Dire, Pangea: su narrazione che giustifica violenza chiediamo sanzioni
16 Novembre 2020Violenza, Lanzoni (Fondazione Pangea-Rete Reama): “Su narrazione che giustifica violenza chiediamo sanzioni pecuniarie e di destinare i proventi ai centri antiviolenza”
“Un vulcano di idee e progetti che, per il momento, è stato spento…”
Così oggi un rinomato giornale definisce Alberto Genovese il fondatore di Facile.it che ha drogato, torturato e stuprato per 24 ore una ragazza.
“Costretto a fermarsi, almeno per un po’…”, prosegue l’articolo, come se questa violenza così brutale non fosse altro che uno spiacevole inconveniente, un intoppo lungo la sua carriera.
La vittima in questa narrazione non solo scompare ma si ribalta: la parte lesa diventa il carnefice, ostacolato nell’ascesa sociale.
Di narrazioni come queste ne abbiamo piene le tasche, perché producono una sub cultura che tutto giustifica e tutto rende possibile. Lo abbiamo visto di recente anche nel caso della nomina del presidente del Cotrab in Basilicata, rieletto dopo la condanna in Cassazione per violenza sessuale ai danni di una dipendente. In quell’occasione, ancora una volta, sono state le donne a ribellarsi e ad ottenere le sue dimissioni, possibile che nessun’altro avesse visto del marcio in questa storia? In tante e tanti non siamo più disposte ad assistere a tutto questo né ad abbassare la guardia di fronte a una narrazione che giustifica e banalizza le azioni più efferate.
Gli uomini violenti continuano ad andare avanti a discapito delle donne anche in ambito lavorativo e la violenza, soprattutto sessuale, sembra tradursi in un’affermazione di questa onnipotenza. Al contrario, quando una donna subisce violenza vede tutto intorno a sé fermarsi, soprattutto in ambito lavorativo, dove troppo spesso la denuncia le si ritorce contro.
“Basta con le giustificazioni sessiste e svilenti che negli ultimi anni abbiamo letto di fronte a fatti orrendi commessi sulle donne: uno stupratore è un uomo che commette reato, a prescindere che sia in carriera, un imprenditore geniale, un rampollo di buona famiglia, un bravo operaio, un disoccupato, un fannullone, un buon padre. Un pedofilo è un pervertito che commette reato, non un “rinomato professionista”, un maltrattante è un autore di violenza che commette un crimine, non un uomo depresso e preoccupato. Iniziamo a chiamare le cose con il loro nome e iniziamo a pretendere più rispetto per le donne che vivono la violenza.
Esistono corsi di formazione per i giornalisti e le giornaliste, per demistificare gli stereotipi di genere e la violenza sulle donne ma apparentemente non sono sufficienti. Forse è ora di mettere una sanzione pecuniaria alle testate giornalistiche che continuano a pubblicare senza vergogna titoli e articoli che negano i reati di violenza commessi dagli uomini sulle donne? Forse delle multe farebbero riflettere e forse queste sanzioni pecuniarie potrebbero finanziare i centri antiviolenza?
Chiediamo al Dipartimento Pari Opportunità e al Ministero dello Sviluppo Economico di agire per arginare questo dilagare di cultura sessista contro le donne che non permette ai nostri diritti di farsi valere e di avanzare nelle aule di tribunale, nella vita quotidiana come nelle informazioni che leggiamo tutti i giorni”. E’ quanto afferma Simona Lanzoni, vice presidente di Fondazione Pangea Onlus e coordinatrice rete Reama.