“Domani prevista approvazione documento su Cav e Case Rifugio’
14 Settembre 2022L’appello delle associazioni femminili anti violenza – Famiglia Cristiana
14 Settembre 2022(DIRE) Roma, 13 set. – “Apprendiamo solo ora l’approvazione
prevista per domani, 14 settembre, dei documenti sui requisiti
minimi dei CAV, delle Case Rifugio e dei C.U.A.V- Centri per
Uomini autori o potenziali autori di violenza di genere”. Si apre
così il telegramma sottoscritto dalla Fondazione Pangea Onlus,
Associazione Nazionale Volontarie Telefono Rosa, UDI (Unione
Donne in Italia) e UIL inviato alle ministre Bonetti, Gelmini e
Carfagna e alla senatrice Valente, quale Presidente Commissione
Femminicidio e a Massimiliano Fedriga, Presidente Conferenza
Stato Regione. Le associazioni e i sindacati firmatari di questo
telegramma hanno scelto di scrivere “per contestare non solo le
tempistiche, ma anche le modalità e i contenuti del documento”,
come si legge in una nota stampa.
“Solo oggi infatti le associazioni hanno saputo che domani ci
sarà l’approvazione del documento nella Conferenza Stato Regioni
e che quindi avverrà senza un reale confronto con chi da anni
lavora e si batte per contrastare la violenza di genere. A questo
si aggiunge il contenuto che non solo non rispecchia quanto
previsto dalla Convenzione di Istanbul, ma si presenta come
allarmante e nocivo per la difesa delle donne, dei minori e per
il contrasto alla violenza di genere. Ci sono diverse perplessità
che preoccupano chi lavora con le donne e i minori che subiscono
violenza. In particolare in questo documento, l’istituzione e il
potenziamento dei centri di riabilitazione per gli uomini autori
di violenza domestica e di genere, denominati C.U.A.V. non
mettono i Centri Antiviolenza e le case rifugio nella condizione
di proteggere le vittime di violenza di fronte all’autore. Per
esempio all’Art.6 ‘Sicurezza della vittima’, che riportiamo di
seguito: ‘La sicurezza delle donne rappresenta l’obiettivo
prioritario dei C.U.A.V. e deve essere garantita mediante
l’adozione di procedure specifiche. Tra queste, il contatto della
partner deve essere realizzato previo consenso della donna
vittima di violenza ed è finalizzato a comunicarle – in maniera
diretta o, laddove possibile, per il tramite dei Servizi che
l’hanno in carico – adeguate informazioni sull’accesso del suo
partner o ex partner al C.U.A.V., sul contenuto e i limiti del
programma da questi intrapreso, sui rischi di manipolazione che
l’autore potrebbe agire nei suoi confronti e sull’eventuale
interruzione anticipata del programma’
“Non sono i C.U.A.V che si devono occupare della sicurezza delle
donne- prosegue la nota- e della protezione dei minori.
L’esperienza e la preparazione delle donne, che da anni si
occupano della gestione dei CAV e delle case rifugio, consente
loro di raggiungere autonomamente l’obiettivo prefissato dai
C.U.A.V.”
“Il contatto con la partner – per partner è intesa la donna
che ha subito violenza- secondo il C.U.A.V viene realizzato
previo consenso specifico della donna. Chi si occupa di sostegno
alle donne vittime di violenza sa quanto il contatto con l’uomo
maltrattante sia controproducente. Una donna con fatica e
un’enorme quantità di coraggio si rivolge a strutture specifiche
(come CAV e case rifugio) per intraprendere un percorso di
fuoriuscita dalla violenza. Vuole essere accolta e protetta-
prosegue il telegramma- e non certo avere contatti con l’autore
delle violenza che negli anni ha abusato di lei. In tribunale il
contatto con la partner, che potrebbe configurarsi come una
mediazione famigliare, si presta ad essere uno strumento da
utilizzare contro la donna. Proteggere una donna e aiutarla a
rinascere significa prima di tutto non esporla a rischi. Il
metodo e i contenuti del documento sono inoltre in netto
contrasto con le responsabilità e gli obblighi propri di un
centro antiviolenza e/o di una casa rifugio. Sarebbe opportuno
che questo documento definisse anche la responsabilità dei
C.U.A.V nei confronti dei percorsi che svolgono con gli uomini
maltrattanti e che ne rispondessero rispetto alla loro reale
efficacia sia per numero di accessi che per i risultati raggiunti
sul lungo periodo. Come si può aumentare e difendere il lavoro di
strutture (CAV e case rifugio) e poi permettere che attraverso i
C.U.A.V la donna sia esposta a pratiche che minano un buon
percorso di fuoriuscita dalla violenza?”.
Concludono i firmatari: “Ancora una volta viene fatto un passo
indietro nella lotta alla violenza e ovviamente contro le donne e
i minori”.